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Il mio '68

La testimonianza di Nico Grillo

Sono trascorsi cinquant’anni dall’anno che è simbolo di una forte discontinuità nella storia della seconda parte del ‘900, che ha visto il protagonismo dei giovani, la rivoluzione dei costumi, nuovi modi di concepire e praticare l’impegno in politica, un forte rinnovamento culturale, la contestazione- non sempre indolore né pacifiche- delle gerarchie, dell’autoritarismo e del conformismo dominanti nelle famiglie, nelle scuole e nelle università.
Quando si parla di ’68 in si fa riferimento a qualcosa che ha avuto le caratteristiche della mondialità: scoppiò negli Stati Uniti come in Europa, coinvolgendo via via i paesi dell’Africa, dell’Asia e dell’Europa oltre la cortina di ferro? Ma tutto ciò come si visse nella nostra provincia? Quale ricordo ne hanno oggi i testimoni, gli adolescenti e ventenni di allora, e quale interpretazione ne hanno data e ne danno le generazioni successive?
La prima testimonianza che qui pubblichiamo è quella di Nico Grillo, che ricorda come assurde le forme di autoritarismo del Liceo classico frequentato a Ragusa e la scoperta di un altro universo culturale durante gli anni dell’università a Roma.

Chiara Ottaviano

Come si cita:
Nico Grillo, Il mio ‘68, in archiviodegliiblei.it, Biografie e storie di famiglia, online dicembre 2018

Il mio '68 di Nico Grillo

Questa testimonianza nasce dalla convinzione che non sia possibile comprendere cosa sia stato il ’68 senza un’idea della società italiana degli anni immediatamente precedenti e vorrei limitarmi ad offrirne uno spaccato, a partire dalla mia esperienza al Liceo Umberto I° di Ragusa, frequentato dal 1961 al 1966. Si tratta com’è ovvio di una prospettiva particolare -appunto una semplice testimonianza- che però ha l’ardire di riuscire a superare il localismo. In effetti, quando arrivai alla Sapienza nell’ottobre del 1966, non ebbi la percezione di una qualche distanza culturalmente significativa fra il Liceo da me frequentato e quello dei miei compagni di corso, provenienti da altre città, per cui ritengo di poter dire che il Liceo di Ragusa fosse rappresentativo dei licei classici italiani di quel tempo. Procederò sinteticamente in tre direzioni.

LA PRIMA: L’AUTORITARISMO

Mi limiterò a raccontare tre aneddoti a mio avviso significativi del clima che vi respirava.

  1. Cade la penna dal banco e uno studente (G.C.) si abbassa per prenderla. -Vai fuori! – grida il docente. -Ma perché? – prova ad obiettare l’alunno. -Perché non si raccoglie la penna senza chiedere prima il permesso all’insegnante! -  Passa qualche giorno e, sempre allo stesso studente, ricade la penna durante l’ora di lezione di un altro insegnante. – Scusi, Professore! – dice l’alunno alzando la mano. -Dimmi! - - Posso prendere la penna? -  - Vai fuori, cretino! Non si interrompe la lezione per chiedere all’insegnante un permesso inutile! –
  2. Gita scolastica, in pullman, si canta. Un insegnante, seduto accanto all’autista, forse infastidito dal volume del canto eccessivamente alto, si gira e, vedendo un ragazzo col braccio poggiato sulle spalle di una ragazza, fa fermare il pullman, fa scendere il ragazzo in aperta campagna e lo costringe a rientrare a Ragusa in autostop!
  3. La Preside, al portone, sequestra le cinture che stringevano i fianchi ad un paio di ragazze, per farle apparire rivestite dal grembiule nero per occultarne, per quanto possibile, la femminilità. Questo aneddoto potrebbe ugualmente rientrare nel capitolo del bigottismo o del controllo sociale della sessualità.

 LA SECONDA: I CONTENUTI

Anche qui farò semplicemente alcune considerazioni. E anche queste, pur essendo legate alla mia esperienza ragusana, penso che possano in qualche modo essere generalizzate.

  1. La prima considerazione è legata al sentimento di profonda frustrazione e di rabbia da me provato andando all’Università di Roma. Ricordo ancora l’impressione sconvolgente di certi testi, dei quali andavo immediatamente a leggere la data di pubblicazione in Italia, sperando sempre che si trattasse di pubblicazioni recenti e invece sistematicamente scoprivo date così lontane nel tempo da farmi sentire defraudato di qualcosa che mi sarebbe spettato come un diritto! E parlo di testi veramente datati, opere di B. Croce del 1916 o del 23 o di storici notissimi come G. Volpe, M.Bloch, A. Mathiez e G. Lefebvre, A.H.Fisher, la cui Storia d’Europa è stata pubblicata da Laterza addirittura nel 1936. Parlo di classici come G. De Ruggiero, la cui Storia del liberalismo europeo risale al 1925 o di Salvemini (La Rivoluzione francese è addirittura del 1905!!!!). Potrei continuare a lungo. Mi fermo qui, perché non mi sono sufficienti cinquant’anni per dimenticare quel sentimento provato allora che mi rinasce ogni volta che ci ripenso.

  2. Tutto ciò appare ancora più grave se consideriamo il ‘ritardo’ di tutta la cultura italiana di quegli anni, che meriterebbe uno studio particolarmente approfondito. Mi limiterò a citare solo due esempi, a mio avviso assolutamente significativi:

    - Il primo lo prendo dalla cultura cattolica. Il commento di K.Barth alla Lettera ai Romani -un testo epocale nella storia della teologia del ‘900, pubblicato in Germania nel 1922- sarà pubblicato in Italia solamente nel 1972 da Feltrinelli!!!!! Feltrinelli, non Paoline o Queriniana, Feltrinelli!!!! La Storia della ricerca sulla vita di Gesù di A. Schweitzer del 1913 sarà tradotta e pubblicata in Italia solo nel 1986. La storia dei vangeli sinottici di R.Bultmann, del 1921 dovrà attendere il 2006! Si dirà che pur essendo dei classici queste opere appartengono alla cultura protestante piuttosto che a quella cattolica. È vero, ma occorre allora ricordare che autori cattolici che saranno successivamente protagonisti del rinnovamento conciliare, non hanno avuto miglior fortuna! Per aver favorito la pubblicazione in italiano de L’Umanesimo integrale di J. Maritain, G.B. Montini (il futuro Paolo VI!) ebbe guai seri alla segreteria di Stato e se si fa un rapido raffronto fra la data di pubblicazione degli scritti di De Lubac, Chenu, Rahner in originale e in italiano, occorre almeno attendere una ventina di anni.

    - Il secondo, invece, ci aiuta a rilevare il ritardo della cultura ‘laica’. Cominciamo con E. Bloch, un filosofo marxista le cui opere vengono pubblicate in italiano solo a partire dal 1997 (Il suo T. Munzer del 1921 vedrà la luce solo nel 2010! Il famosissimo Principio speranza del 1954 nel 2005!) T. Adorno, autore con Max Horkheimer de La dialettica dell’illuminismo, pubblicato in Germania nel 1947 sarà letto in Italia sono nel 1966, mentre Minima moralia del 1951 dovranno attendere il 1996! Più fortunato certamente il filosofo francese P. Ricoeur, i cui testi saranno mediamente tradotti e pubblicati dopo solo 10 anni. Ventitré anni dovrà invece attendere H.G.Gadamer per vedere in Italiano Verità e metodo (1960-1983). Inutile invece cercare in italiano i grandi classici della sociologia, su cui era caduta la scomunica crociana, che vedranno la luce almeno oltre cinquant’anni dopo la prima pubblicazione. D’altronde, la prima cattedra di Sociologia in Italia fu assegnata solo nel 1961dalla Sapienza di Roma a F.Ferrarotti, col quale mi sarei laureato io!

Nico Grillo, nato a Milano il 2 agosto 1948 è stato residente a Ragusa dal 1960 al 1968. Si è laureato in Filosofia a Roma nel 1970. Dal settembre 1970 ad oggi vive a Iglesias. È stato docente di filosofia e storia al Liceo Classico di Iglesias fino al 1988, anno in cui ha fondato Casa Emmaus, una Comunità per Tossicodipendenti. È stato anche docente di Storia della Filosofia alla Facoltà teologica di Cagliari e ha insegnato anche Storia della Chiesa all’Istituto di Scienze Religiose. È sposato con Lia Sicilia, pediatra, e hanno sei figli e sei nipoti. Dal 1990 è anche diacono della Chiesa Cattolica.