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Menu di Carnevale

Ravioli di ricotta e majurana
stufato di carne di maiale
salsiccia
insalata di lattuga
patate fritte
mandarini
crespelle di riso
caffè d’orzo

È il menu tipico della festa di Carnevale, Cannaluvàri. E i miei lo sceglievano solitamente per festeggiare il Giovedì grasso.
Preparo per primo il sugo, facendo dorare una cipolla novella in poco olio d’oliva Monti Iblei.
Vi aggiungo due cucchiai di concentrato di pomodoro essiccato al sole d’estate, strattu, precedentemente sciolto con un bicchiere di vino rosso; poi un bastoncino di cannella, un chiodo di garofano, un rametto di basilico secco, una grossa patata che renderà il sugo più cremoso, otto pezzetti di carne di maiale precedentemente passata in padella con un filo di olio d’oliva e insaporita con un pizzico di sale fino e di pepe nero. Infine due bicchieri di acqua e lascio cuocere almeno per un’ora e mezza.
Nel frattempo preparo la salsiccia. Tiro fuori la vecchia macchina di ferro tritacarne, provvista anche d’imbuto. E riempio un budello di grossezza media con otto etti di carne di maiale non magra, che ho già tritato grossolanamente e impastato con sale, pepe nero, mezzo bicchiere di vino rosso e semi di finocchio. Ne lego i capi con spago per alimenti e faccio sbollentare la piccola corda di salsiccia in poca acqua, pungendola delicatamente in parti diverse con uno spillo, per impedire che rimangano bolle d’aria al suo interno. Quindi la lascio raffreddare in un piatto. La farò rosolare in padella poco prima di servirla in tavola.
Lavo, foglia a foglia la lattuga e il finocchio, per l’insalata che al momento non condisco.
Sbuccio tre belle patate, le taglio per lungo a spicchi sottili e le lascio a bagno in acqua prima di friggerle.
Proseguo con la preparazione dell’impasto per le crespelle. Per prima cosa c’è da lessare il riso. Ne misuro una tazza colma e lo faccio cuocere in acqua abbondante e salata. Una volta scolato, al dente, lo sistemo in una pentola di terracotta alta e capiente, aggiungendo una tazza di farina di grano tenero, doppio zero, un bel bicchiere di latte non scremato, un cucchiaio di zucchero. E infine un pezzo di pasta acida naturale, cruscenti, che ho sciolto con un po’ d’acqua. Mescolo il tutto con una paletta di legno, lentamente, per ottenere un unico amalgama. Due ore di lievitazione e sarà esattamente il doppio.
E adesso i ravioli! Impasto in una ciotola una bella fetta di ricotta fresca, di circa sei etti, con tre tuorli d’uovo, un pizzico di pepe nero e minuscole foglie secche di maggiorana, majurana, un’erbetta molto profumata.
Verso quindi sulla spianatoia di legno, scaniaturi, due tazze colme di farina di grano duro, russieddu, filtrandola al crivello. Nella fossetta centrale rompo due uova intere e due senza albume, che ne assorbiranno quel tanto sufficiente per un impasto solido e consistente. Tiro la sfoglia con il lasagnaturi lungo e piego il bordo superiore sui mucchietti di ricotta che ho sistemato, in fila e a intervalli regolari, con un cucchiaino da tè. Premo bene con le dita tutt’attorno all’impasto e taglio con lo stampino rotondo dentato, formando dei bei ravioli a mezza luna. Ripeto l’operazione sulla stessa sfoglia almeno per quattro volte, impastando di nuovo la pasta rimasta e tirando un’altra sfoglia. E così di seguito, fino all’esaurimento della pasta stessa.
Apparecchio la tavola della festa. Tovaglia rigorosamente bianca ricamata con sfilati e intagli; piatti di porcellana finemente decorati; bicchieri di cristallo a calice; posate d’argento; candelabro a cinque fiamme al centro.
Intanto la mole delle crespelle è cresciuta fino al coperchio della pentola. È il momento!
Metto sul fornello un pentolino dai bordi alti, che riempio a metà di olio d’oliva Monti Iblei.
Sistemo, poco alla volta, l’impasto su un piccolo tagliere di legno e con l’aiuto di un coltello lungo ne faccio scivolare cinque strisce dentro l’olio bollente. Ripeto l’operazione circa dieci volte. Raduno man mano le crespelle in un vassoio coperto di carta paglia, buona per assorbire l’olio superfluo. A parte, lascio sciogliere in una padella dai bordi alti il buon miele di satra dei Monti Iblei, cantato da Virgilio. Poco alla volta vi faccio rotolare le crespelle, girandole delicatamente con una paletta di legno e avendo cura di non farle caramellare. Le dispongo infine in un piatto ovale e le spolvero con un velo di cannella.
È l’ora delle patate! Le lascio friggere in abbondante olio d’oliva Monti Iblei e appena dorate le sistemo in una larga ciotola con un pizzico di sale al volo.
Friggo anche la salsiccia. La faccio rosolare, girandola più volte con una paletta di legno per evitare che si rompa. Quindi, al massimo della frittura, spruzzo un po’ di vino rosso e chiudo col coperchio.
Butto in pentola i ravioli con delicatezza e appena vengono a galla li scolo con la schiumarola avendo cura di non provocarvi fessure. Ne sistemo circa quindici in ogni piatto e li condisco con il sugo senza mescolare lasciando che vi si distribuisca da solo. Evito il formaggio grattugiato.
Silenzio! Si gusta. La ricotta dentro la sfoglia ha un sapore che profuma dei campi verdeggianti del nostro altopiano nella stagione invernale e il sugo ha il colore rosso bruno che il sole dona al pomodoro essiccato in estate.
Vino rosso per chiudere il sapore dei ravioli e subito in tavola la salsiccia fritta col contorno dell’insalata, prima; e la carne al sugo col contorno delle patate fritte, dopo.
Le crespelle di riso vanno servite a conclusione della cena. E accompagnate da sorsetti del buon Moscato di Noto!