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A Maṭṛ’ô Càmminu Madonna del Carmelo

Dalla testimonianza di Peppina Leocata raccolta a Modica nell Giugno 2010.

Maronna rô Càmminu, Noṣṭṛa Signura                                              
Addifinnìti a mmia nall’ultima ura
Nall’ura râ morti çiamamu a ttia
Cciù beḍḍa rô Càrminu Maria.

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Trascrizione dell'audio

Dalla testimonianza di Peppina Leocata raccolta a Modica nell Giugno 2010.

Maronna rô Càmminu, Noṣṭṛa Signura                                              
Addifinnìti a mmia nall’ultima ura
Nall’ura râ morti çiamamu a ttia
Cciù beḍḍa rô Càrminu Maria.

A Maṭṛ’ô Càmminu Madonna del Carmelo

Madonna del Carmelo, nostra Signora, difendetemi nell’ultima ora. Nell’ora della morte chiamiamo te, più bella del Cermelo, Maria.

Note
A recitare questi versi è la signora Peppina Leocata che abita proprio di fianco alla Chiesa del Carmine. Mi accoglie nella cucina della sua casa seduta in un angolo. Alle sue spalle ricordi incorniciati, le foto di famiglia. La nipote mi avverte che la nonna stenta a ricordare, ma che a volte le basta un nulla per focalizzare una preghiera. Chiacchieriamo per un bel po’, d’un tratto fra i vari cunti e le preghiere, le viene in mente questa invocazione. Intuisco subito che si tratta di una testimonianza preziosa perché la signora Peppina è la prima a ripetere questi versi a memoria, segno di una devozione grande e di un’abitudine precisa alla recita propria delle donne devote al Carmelo. Qualche settimana dopo, in chiesa mentre raccolgo la testimonianza della signora Teresa Migliore che legge l’intera coroncina in siciliano un’altra signora, non vedente, siede assorta in un mondo tutto suo, ignara della registrazione. La sua postura è quella comune a tutte le donne che ho incontrato: le braccia che si trattengono a vicenda, le ginocchia unite e i piedi come incollati a terra. Biascica con voce roca parole che all’inizio non capisco. Poi mi rendo conto che ripete l’intera Coroncina seguendo la lettura della signorina Teresa. Narra la storia che il 16 luglio 1251 la Madonna apparve al vecchio generale dell’Ordine Carmelitano San Simone Stock, al quale consegnò uno scapolare, comunemente detto Abitino. “…Chi morrà rivestito di questo abito non soffrirà il fuoco eterno; questo è un segno di salute, di salvezza nei pericoli, di alleanza di pace e di patto sempiterno”. All’interno della chiesa la statua della Madonna, situata all’altare maggiore, regge in mano uno scapolare d’argento.
Maria viene invocata nel momento più difficile per ogni essere umano. A lei si fa appello perché sia presente nell’ora suprema. Gli aggettivi che la definiscono in questa Corona sono simili a quelli delle altre preghiere ma il tono è diverso. Nel Rosario cantato o nella Corona della Madonna delle Grazie aleggia uno spirito gioioso, che sottende la speranza e perciò una prospettiva di futuro. Nella Coroncina della Madonna del Carmine, recitata anch’essa in coro, l’invocazione nasce dalla consapevolezza della fine ineluttabile e della solitudine in cui viene a trovarsi ciascuno di noi. Si muore soli. La preghiera, benché corale, diventa nei fatti intimo colloquio del fedele con la Madonna.