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A la notti ri Natali — La notte di Natale

Testimonianza di Peppina Leocata raccolta a Modica nel Giugno 2010.

A la notti ri Natali, San Ghiuseppi nn’avìa chi ffari
Si pigghiau nu vastunieḍḍu e si misi a caminari. 
Caminau quaranta migghia, chista è cosa ri maravigghia
A la fini si stancau supra n-pièzzu s’assittau
O viniti ca nascìu lu gran ṛṛe ri la natura
E nascìu puvirieḍḍu nta na povira manciatura
(Ḍḍuoppu ca portunu tutti i doni si cunciuri)
Se n-zû buoni cumpatìti 
E l’affiettu riçiviti 
Cumpatiti Maṭṛi mia
Picchì siemu a la campìa.

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Trascrizione dell'audio

Testimonianza di Peppina Leocata raccolta a Modica nel Giugno 2010.

A la notti ri Natali, San Ghiuseppi nn’avìa chi ffari
Si pigghiau nu vastunieḍḍu e si misi a caminari. 
Caminau quaranta migghia, chista è cosa ri maravigghia
A la fini si stancau supra n-pièzzu s’assittau
O viniti ca nascìu lu gran ṛṛe ri la natura
E nascìu puvirieḍḍu nta na povira manciatura
(Ḍḍuoppu ca portunu tutti i doni si cunciuri)
Se n-zû buoni cumpatìti 
E l’affiettu riçiviti 
Cumpatiti Maṭṛi mia
Picchì siemu a la campìa.

A la notti ri Natali - La notte di Natale

Nella notte di Natale San Giuseppe non sapeva che fare. Prese un piccolo bastone e si mise a camminare. Camminò quaranta miglia, cosa che desta meraviglia. Alla fine si stancò, sopra un masso si sedette. Oh venite, che è nato il gran Re della natura. È nato poverello in una povera mangiatoia. (Dopo che i pastori offrono tutti i doni, si conclude così). Se non sono buoni, compatiteci e ricevete l’affetto. Compatiteci, Madre mia, perché siamo in miseria.

Note 
Nei cunti che riguardano il Natale, ḍḍi tiempi friḍḍusi e scuri, e A la notti ri Natali, Maria appare solo nei versi finali, eppure la sua figura è sempre presente.
È Giuseppe ad avere timore, lei no. “San Ghiuseppi era cunfusu ri purtarisi a Maria”. Giuseppe sa che il tempo della nascita sta per compiersi. Fa freddo e di certo avere una donna al seguito, prossima al parto, riempie i pensieri di grande preoccupazione. La Madonna, in questa fase dei racconti, non fa una piega. Il suo atteggiamento è raccolto anche nelle posture e nelle raffigurazioni all’interno delle chiese di Modica. citiamo in particolare due esempi. Il primo è costituito dal Presepe di Santa Maria di Betlemme, realizzato in pieno Ottocento da Fra’ Benedetto Papale originario di Caltagirone. Si compone di statuine in ceramica eseguite e pitturate dallo stesso Papale e da altri due calatini: Giacomo Bongiovanni Vaccaro e Giacomo Azzolina.
Maria, pur in penombra, prende l’intero spazio della scena. Inginocchiata, volge quasi le spalle al visitatore. Ritirata, discreta come sempre, suo malgrado, attira l’attenzione proprio per questo atteggiamento di rifiuto delle luci che la portano alla ribalta. Non esiste esempio più alto di riservatezza, e di decoro dei sentimenti.
Tra la Madre e il Figlio si stabilisce un muto gioco di sguardi che suggella un rapporto esclusivo e che isola tutte le altre figure. L’amore per il figlio e del figlio per la madre, condensato nell’atto di guardarsi, prende il posto delle austere posture tradizionali e preannuncia quella raffigurazione semplice e genuina della maternità che sarà il gesto dell’allattamento.
San Giuseppe sembra rimanere ai margini della relazione madre-figlio. Di lui si racconta, unicamente per poter spiegare ciò che accade. Solo alla fine della sua vita terrena Giuseppe sarà riconosciuto parte integrante della famiglia. Come si può osservare in un quadro anonimo all’interno della Chiesa della Catena, gemello ad un quadro che si trova nella chiesa di San Pietro e ad un altro che si trova a san Giovanni, San Giuseppe giace su un letto mentre sta per ricevere la benedizione di Cristo. Alle sue spalle la Madonna, nelle vesti di Madre, quasi lo accarezza. Adesso anche per lui Maria è la Madre a cui rivolgersi e affidarsi nel momento del bisogno.
La seconda e importante raffigurazione della Natività è costituita da un bassorilievo in marmo policromo risalente al 1511, di rara semplicità e compostezza, custodito nella Chiesa di San Giuseppe a Modica. La figura di Maria nel bassorilievo ha uno sguardo sereno appena velato da un vaga preoccupazione, uno sguardo che rapisce e invita alla fiducia.

La testimone
La zia Graziella fa parte dei miei ricordi, in effetti non v’è parentela ma una antica amicizia lega la mia famiglia alla sua. Aperta la porta della sua casa, non entro solo nel salottino lindo e ordinato, mi si spalanca il mio passato. E la rivedo con quel suo chignon composto che le annodava i capelli in maniera regale. La sua sobrietà è quella di sempre e la voce inalterata mi fa ripiombare in ricordi di pane caldo. M’incanta coi suoi ricordi. Mi dice come si fa l’orzata e il latte di mandorle e poi la limonata! Le sue testimonianze sono nitide e precise: la festa di San Giorgio, quella di San Pietro la Pasqua e il Natale. Mi recita inoltre un gran numero di proverbi che negli anni ha raccolto in un quaderno scritto a mano. E poi iminiminagghi (indovinelli). Alcuni me li spiega, di altri lascia alla mia fantasia il gusto di trovare la soluzione. A lei dobbiamo una quantità enorme di testi.